Un breve sguardo dietro alle quinte della vita professionale di Gabriele Falciasecca
Lettera del Prof. Giovanni Emanuele Corazza
Caro Gabriele,
in questo momento in cui siamo pervasi da sentimenti di profonda tristezza ma anche
dalla voglia di fare giusta memoria della tua carriera, mi prendo volentieri il compito di
raccontare qualcosa della tua vita professionale che non può essere facilmente desunto
dal tuo ricco curriculum vitae. Per dare questo sguardo dietro alle quinte, mi avvalgo del
fatto che noi ci conosciamo “da sempre”, ovvero sin da quando io ero piccolino.
Quando nel 1968 Gian Carlo Corazza fu chiamato a trasferirsi dall’Università di Trieste
all’Università di Bologna per fondare la scuola di Campi Elettromagnetici, su idea di
Ercole de Castro, in pochi anni egli formò la sua prima squadra, fatta di un poker d’assi:
Carlo Giacomo Someda, Francesco Valdoni, Vittorio Rizzoli e Gabriele Falciasecca.
Erano i gloriosi anni ’70: al boom delle nascite si univano il boom economico, quello delle
telecomunicazioni italiane e perché no, anche quello della Fondazione Marconi sotto la
presidenza Corazza. Ma erano anche gli oscuri anni ’70, anni di piombo, segno
drammatico delle contraddizioni intrinseche al nostro Bel Paese, le quali si trasformano
ma sembrano non risolversi mai.
Gian Carlo mi raccontò poi che aveva affidato a ciascuno dei quattro moschettieri
dell’elettromagnetismo una missione particolare. A Carlo Someda le fibre ottiche, il
sogno della comunicazione luminosa. A Francesco Valdoni le comunicazioni satellitari,
il sogno della rete nello spazio. A Vittorio Rizzoli i circuiti a microonde, il sogno della
miniaturizzazione per le altissime frequenze. E a te, Gabriele Falciasecca, Gian Carlo
Corazza propose l’idea di lavorare sul radiomobile, al tempo poco più di una idea
pionieristica: il sogno della comunicazione ubiqua.
Grazie alle vostre qualità, ciascuno di voi diventò una vera e propria autorità nel suo campo, contribuendo in modo significativo allo sviluppo tecnologico di quel settore in Italia e a livello internazionale. Un destino particolarmente affrettato ha fatto sì che, oggi, tutti e quattro vi siate riuniti assieme al vostro capo, in quello che possiamo immaginare essere un vertice
paradisiaco della Fondazione Marconi.
Ma veniamo a ciò che ti ha distinto particolarmente nel gruppo dei tuoi compagni di Tour,
lo scatto che ti ha fatto vincere il Gran Premio della Montagna Multidisciplinare. Tu,
Gabriele, non ti sei mai fermato esclusivamente agli aspetti tecnici e tecnologici. Quelli
sono stati per te un imprescindibile punto di partenza, dal quale seguendo la tua
insaziabile curiosità professionale ti sei presto lanciato per esplorare aspetti filosofici,
storici, sociali, industriali, politici e spirituali. Questa ampiezza di interessi, unita a un
forte senso delle istituzioni e a una spiccata capacità diplomatica, ti ha portato ad
accettare una serie di incarichi all’interno e all’esterno dell’Alma Mater Studiorum, con
particolare impegno verso la Regione Emilia-Romagna. Da qui la direzione del
Dipartimento DEIS e la partecipazione al Senato Accademico da una parte, la presidenza
di Aster e di Lepida dall’altra. Non si deve poi dimenticare il tuo pluriennale impegno a
San Domenico, per l’organizzazione di quei “Martedì” orientati all’esplorazione della
sempre difficile armonia tra scienza e fede.
La tua passione per la divulgazione scientifica, intesa come l’accompagnare per mano la
persona comune ad essere affascinata da fatti scientifici e storici, ti ha portato prima a
organizzare la mostra “Scienza o Magia” a Palazzo Re Enzo negli anni ottanta, precursore
di tante iniziative moderne di avvicinamento della cittadinanza alla scienza, e poi a
ereditare da Gian Carlo Corazza la guida della Fondazione Marconi nel 1997. Proprio alla
figura di Guglielmo Marconi hai dedicato prevalentemente gli ultimi ventisette anni della
tua vita professionale, raggiungendo l’apice del tuo lavoro storico-scientifico nella
riscoperta di un inedito autobiografico del grande inventore, che hai raccolto e
commentato in “Memorie 1895-1899”.
Caro Gabriele, la mia gratitudine nei tuoi confronti ha tante dimensioni, ma per brevità e
riservatezza ne cito solo una in particolare: quando nel 2011 proposi a te e a Ivano
Dionigi, allora Rettore dell’Università di Bologna, l’idea di fondare un Istituto Marconi per
la Creatività come iniziativa congiunta tra Alma Mater e Fondazione Marconi, tu e Ivano
aderiste immediatamente, intuendone il potenziale e incoraggiandomi ad andare avanti.
Caro Gabriele, grazie per questo tuo percorso multidisciplinare, attraverso il quale ci hai
mostrato che la passione e la curiosità sono gli ingredienti fondamentali per valicare i
confini tra i diversi domini del pensiero, che troppo spesso tendono a diventare inutili e
dannose barricate.
Caro Gabriele, ti immagino già indaffarato a scegliere il prossimo libro dagli scaffali della
immensa biblioteca celeste, per aggiungervi le chiose di chi osa.
Con affetto,
Giovanni Emanuele Corazza